Nonostante un timido segnale di crescita rispetto all’anno precedente, l’Italia continua a occupare le posizioni di coda nella classifica OCSE relativa ai tassi di occupazione. Il Rapporto OCSE sul lavoro, diffuso nell’ultimo trimestre del 2023, rileva che il Belpaese si attesta al 61,4%, senza variazioni significative rispetto al trimestre precedente, ma con un incremento di 1,3 punti percentuali in confronto allo stesso periodo del 2022. Un passo avanti che, tuttavia, non riesce a modificare la collocazione dell’Italia tra gli ultimi posti del ranking.
L’analisi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico mette in luce come solo la Turchia, con un tasso occupazionale del 53,9%, e il Costa Rica, con il 58,2%, registrino performance inferiori a quelle italiane. Siamo ben lontani dalla media OCSE, che si attesta al 70,1%, un target che presuppone uno sforzo significativo per essere raggiunto.
Esperti del mercato del lavoro e analisti economici sottolineano come questa discrepanza rimanga uno dei nodi critici per l’economia italiana, condizionando non solo la crescita economica ma anche la coesione sociale e la stabilità delle finanze pubbliche. Il basso tasso di occupazione si riflette, infatti, in un minor numero di contribuenti e in un peso maggiore a carico del sistema di welfare, già sotto pressione per il processo di invecchiamento della popolazione.
L’analisi segnala come anche la Grecia rappresenti un esempio di ritardo nel contesto europeo, con un tasso che si posiziona appena al di sopra di quello italiano, al 61,8%. Va però rilevato che diversi Paesi hanno compiuto passi da gigante rispetto al passato e, nonostante le crisi economiche globali, hanno saputo implementare politiche effettive per il rilancio dell’occupazione.
L’Italia si trova di fronte a una serie di sfide strutturali, tra cui un basso tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro, un divario generazionale marcato e la cronica difficoltà di inserimento dei giovani, specialmente al Sud. In aggiunta, la rigidità del mercato del lavoro e la scarsa propensione alla mobilità geografica contribuiscono a perpetuare la stagnazione occupazionale.
Il Governo e le parti sociali sono chiamati a un impegno concreto per invertire la tendenza. Le azioni proposte spaziano dalle riforme strutturali per aumentare la flessibilità e la sicurezza lavorativa, al potenziamento delle politiche di formazione e riqualificazione professionale, fino a un rinnovato focus sull’innovazione e sull’industria 4.0, per mantenere il passo con la trasformazione digitale dell’economia globale.
L’Italia ha la necessità di rivitalizzare il proprio mercato del lavoro non solo per avvicinarsi agli standard europei e internazionali, ma per garantire alle future generazioni sicurezza economica e una crescita sostenibile. Il cammino è erto e disseminato di ostacoli, ma la posta in gioco è alta e richiede un’azione immediata e coerente.
