
Nel suo ultimo lavoro letterario “Potevi pensarci prima. E altri giudizi non richiesti sui nostri corpi”, pubblicato da Rizzoli il 21 gennaio, Gilda Sportiello, rappresentante del Movimento 5 Stelle, solleva un veemente appello per intensificare il dialogo riguardo l’aborto. L’interesse della deputata per questo tema controverso emerge nitidamente, accentuando la battaglia contro un tabù culturale che continua a persistere con ostinata resistenza nel tessuto sociale italiano.
Sportiello sottolinea con fervore la necessità di infrangere il muro di silenzio che circonda l’aborto. La sua esortazione non è meramente retorica, ma un invito a revocare gli stigma infondati associati a questa pratica, liberando le donne dalla “vergogna” che la società tenta spesso di imporre loro.
Il libro si configura come una risposta critica alla percezione dell’aborto non come un diritto sanitario, ma come una semplice “concessione”, un’errata interpretazione che la deputata sfida con argomentazioni cogenti. Sportiello critica la visione che relega l’aborto a una questione marginale, piuttosto che riconoscerlo come una scelta consapevole e indipendente relativa alla salute riproduttiva.
Il racconto del suo personale confronto con la tematica, esposto durante un discorso alla Camera nel 2024, mira a disinnescare i cosiddetti movimenti “pro-vita” che operano nei consultori. Illustrando la sua esperienza, Sportiello enfatizza la pressione e le difficoltà che le donne devono affrontare. A suo avviso, è imperativo sostenere e garantire l’aborto non solo come diritto, ma come atto medico necessario, svincolato da pregiudizi politici o sociale.
Il dibattito sull’aborto in Italia si svolge in un contesto di timori e resistenze, dove il controllo del corpo femminile rimane una questione controversa. La proposta della deputata di permettere l’aborto farmacologico domestico rispecchia una lotta più ampia per l’auto-determinazione femminile e la sottrazione del corpo delle donne dai domini di potere altrui.
“Potevi pensarci prima” si posiziona quindi come un manifesto politico, che chiama ad una riflessione collettiva e a un’azione coerente con il fine di overpassare le barriere ideologiche e pratiche che ancora oggi ostacolano il diritto all’autonomia personale e alla salute delle donne.
In definitiva, l’appello di Gilda Sportiello alla discussione aperta e alla condivisione di esperienze si rivela essenziale per promuovere un cambiamento culturale significativo. Il testo della deputata rappresenta un passo avanti nel dialogo sui diritti delle donne, incarnando una voce potente per una realtà italiana più giusta e equa, dove le decisioni sul proprio corpo sono una prerogativa individuale, non soggetta a condizionamenti esterni.