
Nella vicenda Almasri in pochi hanno avuto il coraggio di parlare di “ragion di stato”, anche se in tanti l’hanno pensato. Un retro pensiero che è venuto spontaneo rispetto al balbettare dei ministri, il silenzio della Premier e le dichiarazioni di facciata dai politici della maggioranza. Impietosamente la sinistra ha cercato e cerca di poter acclamare che ci sono state menzogne al Paese o che come fatto minimo si sia trattato di incompetenza. Forse in altri tempi un politico alla Craxi non avrebbe esitato ad utilizzare strumenti giuridici che avrebbero portato al silenzio autorizzato. Lecitamente ci si pone una domanda chiedendosi se nell’epoca della comunicazione tecnologica e mondiale possa avere un senso giuridico quella che in latino si chiamava gli <arcana imperii>, come opportunamente richiama Mario Ajello nel suo articolo su Il Mattino di sabato 8 febbraio. Ricordare dei totem della scienza della politico, da Tacito a Niccolò Machiavelli non è sufficiente ai giorni nostri a far passare l’esigenza giuridica per un Paese democratico che ci possa essere la “ragion di stato” a limitare la responsabilità personale di un qualsiasi individuo rispetto ad un comportamento illegittimo. Sulla responsabilità personale, uguale per tutti i cittadini, si fondano le moderne democrazie proprio per distaccarsi dai sistemi, particolarmente quelli monarchici, assolutistici e non costituzionali. D’altronde la trasparenza dell’attività politica, ricordate la glasnost di Gorbaciov, è auspicata dai popoli di tutto il mondo, ed è diventata una richiesta ineludibile che viene fatta al governante tranne laddove la dittatura di un singolo o di una lobby impediscono il regolare corso della democrazia. Realisticamente non si può pensare che nel mondo non possano esserci dei segreti, magari laddove la segretezza contribuisce a realizzare qualcosa garantito anche dalla Costituzione di uno Stato, pertanto il discorso si sposta dalla imprescindibile punizione per i comportamenti illegittimi alla valutazione se, in un regime democratico, è lecito l’esercizio di una giurisdizione speciale. Purtroppo la sola dizione di “speciale” riferita alla giurisdizione, evoca fantasmi di un passato non lontano caratterizzato da soprusi, deportazioni e limitazione delle libertà individuali insopportabili. Nonostante ciò la dottrina giuridica e illustri giuristi non escludono che possa essere riconosciuta la “ragione di stato” in uno stato democratico e con una Costituzione che garantisce effettivamente i cittadini. In dottrina giuridica è sufficientemente conclamato che “ il dubbio circa la compatibilità della “ragion di Stato” con lo Stato democratico di diritto vanno risolti positivamente solo nella misura in cui lo Stato non sia considerato come un valore in sè, ma come un ordinamento giuridico finalizzato a inverare il principio personalista, principale architrave di ogni democrazia matura: ovvero a riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona umana, non solo come singolo, ma anche nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la sua personalità(cit. da Fulvio Pastore, ordinario di diritto costituzionale negli atenei italiani). Sempre riferito da illustri giuristi si evidenzia che delle norme basate su motivazioni strettamente politiche e che possono essere considerate eccezionali rispetto alla normativa ordinaria hanno coadiuvato alla realizzazione di sistemi giuridici in molti Paesi europei. Pur con la dovuta cautela e con tutte le garanzie di un sistema giuridico avanzato è possibile che la ragion di stato faccia parte della normativa di un Paese democratico, ma allo stato troppe condizioni difficilmente realizzabili dovrebbero verificarsi e che in Italia non sono proprio all’orizzonte a cominciare da un sistema parlamentare che non consideri la maggioranza nemica della minoranza e che, in previsione del “bene comune” si mettano da parte gli interessi particolaristici e di elettorato dei partiti politici, ed infine non ultima una magistratura che guardi ad assolvere il proprio compito senza voler debordare nella gestione politica e governativa.
di Domenico Salerno
