
In un recente evento a Roma, Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, ha espresso significative riserve riguardo il programma Green Deal promosso dalla Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen. Durante una conferenza che vedeva il patrocinio di Acea e Intesa SanPaolo, focalizzata sulle risorse idriche, Orsini ha toccato un tema di vasta portata che riguarda l’impatto economico e competitivo delle politiche ambientali in Europa.
Orsini ha sottolineato come l’obiettivo, proposto dal Green Deal, di ridurre del 90% le emissioni entro il 2040, sia ambizioso ma anche fonte di preoccupazione per il tessuto industriale europeo. L’Europa, come notato da Orsini, è già in una posizione di svantaggio competitivo rispetto ad altre economie globali, e l’imponente investimento di 1100 miliardi di euro previsto per i prossimi dieci anni per la decarbonizzazione potrebbe aggravare tale condizione. Queste risorse si tradurrebbero in costi aggiuntivi per le imprese, che dovranno affrontare non solo l’onere finanziario ma anche l’adeguamento a un sistema di norme ambientali in rapido e costante cambiamento.
Il Sistema di Scambio di Quote di Emissione (ETS), strumento chiave di questa strategia, mira a limitare le emissioni incentivando le aziende a essere più sostenibili. Tuttavia, secondo Orsini, il sistema potrebbe risultare in una vera e propria penalizzazione per molte realtà industriali italiane che, entro il 2030, potrebbero trovarsi in gravi difficoltà economiche o addirittura essere costrette alla cessazione delle attività a causa dell’impatto finanziario derivante dall’acquisto di quote di emissione.
Queste dichiarazioni sollevano questioni fondamentali sul futuro del settore manifatturiero europeo e sulla sua capacità di mantenere la competitività in un’economia globale che si muove a ritmi frenetici. Nonostante l’indiscutibile necessità di un’azione determinata per contrastare il cambiamento climatico, la modalità con cui queste politiche vengono attuate potrebbe determinare significativi biforcamenti economici e sociali.
In questo contesto, è essenziale che la Commissione Europea consideri un approccio bilanciato, che non sacrifichi la sostenibilità economica sull’altare della sostenibilità ambientale. Un dialogo aperto e costruttivo tra i leader d’industria, i policymaker e gli esperti di sostenibilità è cruciale per modellare un Green Deal che sia veramente inclusivo e equo, capace di guidare l’Europa verso un futuro sostenibile senza comprometterne la stabilità economica.
La sfida è ardua e le preoccupazioni di Orsini aggiungono ulteriore validità al dibattito su come l’Europa possa effettivamente raggiungere questi obiettivi ambiziosi senza lasciare indietro nessuno dei suoi attori economici. Mentre il cammino verso il 2040 è ancora lungo e incerto, le decisioni prese oggi definiranno la traiettoria economica e ambientale del continente per decenni a venire.