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Turismo e housing: il caso Barcellona fa tremare il settore dei fitti brevi. Ma in Italia il modello è virtuoso.

In ATTUALITA', ECONOMIA, INSERTI ECONOMIA
Novembre 10, 2025
La sfida, quindi, non è demonizzare il settore, ma governarlo con regole chiare.

Un’onda d’urto, partita dalla Catalogna, sta sollevando un acceso dibattito nel vecchio continente e non solo. Il sindaco di Barcellona, Jaume Collboni, ha annunciato un piano choc: dal 2028, non verranno più rinnovate le licenze per gli affitti turistici brevi. L’obiettivo dichiarato è restituire 10.000 abitazioni al mercato residenziale, arginando una crisi abitativa che sta mettendo in difficoltà i residenti. La mossa, la più drastica mai intrapresa da una grande città europea, è stata accolta come una vittoria dalle associazioni per il diritto alla casa, ma ha gettato nel panico le associazioni di hosting. Il timore è che l’esempio della città spagnola, se replicato altrove, possa innescare un effetto domino, mettendo in discussione un settore economico dinamico e in forte crescita. Tuttavia, oltre le posizioni ideologiche, è necessario fare una riflessione più articolata sul fenomeno. In Italia, patria del turismo per vocazione, il mondo dei fitti brevi si è evoluto in un ecosistema complesso che va ben oltre la semplice vacanza. Certo, in città d’arte come Venezia, Firenze o Roma, gli affitti a breve termine rispondono principalmente alla domanda turistica. Ma guardando al quadro nazionale, gli utilizzi sono molteplici e spesso rispondono a esigenze specifiche del tessuto socio-economico moderno. Dietro il termine “fitto breve” non si nasconde solo la famiglia in gita culturale. Sempre più spesso, alloggi in case vacanza o B&B ospitano: lavoratori fuori sede, tecnici, manager o consulenti in trasferta per progetti di medio-breve periodo, per i quali un appartamento è più funzionale e economico di una lunga permanenza in hotel; ricongiungimenti familiari, parenti che visitano figli o nipoti trasferitisi in altre città, che necessitano di spazi comuni e autonomia; motivi di studio e salute, studenti fuori sede, o persone in città per cure mediche prolungate, che trovano in questa formula un’alternativa flessibile e “casalinga”. La scelta di una soluzione di “short-term rental” non è dettata solo dal prezzo. Offre vantaggi tangibili che la rendono preferibile per una fetta crescente di utenti: maggiore spazio e autonomia, rispetto a una camera d’albergo a tre stelle, un appartamento consente di avere un salone, una cucina attrezzata e più camere, favorendo la vita familiare e il “fai da te”; autenticità dell’esperienza, la possibilità di fare colazione in una famosa caffetteria del posto, invece che con un cappuccino o peggio ancora caffè da macchinetta in hotel, o di fare la spesa al mercato locale, è un valore aggiunto irrinunciabile per molti; sicurezza e manutenzione per i proprietari e per gli ospiti, il fitto breve garantisce un controllo costante sull’immobile, che viene mantenuto a standard elevati, sicuro e continuamente rinnovato, contrastando la “staticità” e i rischi di degrado di alcuni contratti a lungo termine. In un periodo di tensioni sul fronte morosità, poi, il proprietario evita il rischio concreto di vedere il proprio bene immobilizzato da locatari inadempienti. I comuni, dal canto loro, beneficiano del gettito della tassa di soggiorno, una voce di bilancio sempre più importante per finanziare servizi turistici e infrastrutture. La sfida, quindi, non è demonizzare il settore, ma governarlo con regole chiare, ben venga quindi l’istituzione del CIN (codice identificativo nazionale) che censisce e regola le strutture dedicate ai fitti brevi. In Italia, la soluzione non può essere la chiusura in blocco sull’esempio di Barcellona, bensì una regolamentazione intelligente che distingua i contesti: aree a forte pressione turistica, dove il mercato residenziale è soffocato, vanno protette con limiti stringenti. In tutte le altre realtà, il fitto breve rappresenta una risorsa economica, una risposta a bisogni diversificati e un presidio del patrimonio immobiliare. L’auspicio del settore è che il caso di Barcellona resti un unicum dettato da un’emergenza abitativa estrema. La strada per l’Italia, crocevia di turismo globale ma anche di un made-in Italy abitativo unico, deve essere quella di un equilibrio saggio, che non sacrifichi un modello virtuoso sull’altare di un allarmismo generalizzato.

di Giuseppe Di Giacomo