Oggi abbiamo il privilegio di incontrare Davide Picariello, un pugile che ha saputo farsi strada in un ambiente ricco di talenti e tradizione. Cresciuto a Contrada, in provincia di Avellino, che ha dato i natali a numerosi campioni, Davide ha vissuto fin da giovane l’emozione e la passione per la boxe, influenzato dalle gesta di chi lo ha preceduto. In questa intervista, ci parlerà del ruolo fondamentale che la sua famiglia, in particolare suo padre Michele, ha avuto nella sua carriera, delle esperienze condivise con altri talenti locali: Agostino Cardamone e Carmine Tomasone e delle sfide che ha affrontato nel suo percorso. Scopriremo anche come l’alimentazione e la preparazione fisica siano cruciali per un pugile e quali siano i suoi obiettivi futuri, sia sul ring che nella crescita delle nuove generazioni di atleti. Un viaggio affascinante nel mondo della boxe, raccontato da un campione che non smette mai di sognare.
Davide, sei cresciuto in un’area geografica che ha dato i natali a diversi pugili di successo, che influenza ha avuto questa realtà sul tuo percorso sportivo?
Sicuramente ha avuto una grande influenza su di me crescere e vivere da vicino questo sport ai suoi massimi livelli. Ha influito, indubbiamente, nello scegliere di praticarlo. La passione e i sacrifici che ho visto compiere a chi mi ha preceduto, ma anche la gioia delle vittorie e le emozioni che generano quei momenti, sono qualcosa che mi ha sempre affascinato. Poterli vedere così frequentemente intorno a me ha sicuramente fatto sì che anche io fossi attratto da questo sport.
Parlaci della tua famiglia, in particolare di tuo padre Michele Picariello, un pugile che ha lasciato il segno, qual è il suo ruolo nella tua carriera?
Mio padre ha avuto un ruolo fondamentale nella mia carriera: ha gettato le basi della mia formazione pugilistica, mi ha sempre seguito e sostenuto in tutti i match. Anche negli ultimi anni, in cui ho combattuto per lo più a Roma, che offre un panorama ben più ampio a livello sportivo, lui, nonostante gli impegni lavorativi, non si è perso nemmeno un incontro. Lo stesso vale per mio fratello Simone: anche lui si esprime tra i migliori pugili a livello nazionale della sua categoria e ha soprattutto l’età dalla sua parte, essendo ancora molto giovane e avendo ancora molto tempo per crescere e migliorare. Al di là della fortuna di avere la famiglia sempre al mio fianco, essere seguito da un allenatore come mio padre e condividere allenamenti e sacrifici con mio fratello è qualcosa di indescrivibile.
Hai avuto la possibilità di allenarti con altri talenti locali come Agostino Cardamone e Carmine Tomasone, che tipo di relazione c’è tra voi, e come vi scambiate esperienze e consigli?
Con Cardamone, purtroppo, ero ancora bambino quando lui era nel suo ‘prime’. Invece, con Tommasone ho avuto la fortuna di vivere a pieno tutta la sua carriera. Ho iniziato ad allenarmi quando lui era già campione nazionale. Crescere in una palestra con un atleta di tale caratura, con i suoi consigli e i suoi metodi di allenamento, poter osservare la costanza e la caparbietà che servono a un pugile che vuole esprimersi a tali livelli, è stato sicuramente un valore aggiunto per me. Io, di sicuro, non sono riuscito nella mia carriera nemmeno minimamente a raggiungere i loro livelli, ma spero almeno di riuscire a trasmettere la passione che loro hanno trasmesso a me alle generazioni future.
Con un’eredità così forte, ti senti sotto pressione a dover raggiungere risultati straordinari, o riesci a vederlo come un’opportunità per affermarti a tua volta?
Sono consapevole che non raggiungerò mai il loro livello. Non per niente sono arrivati a contendersi il titolo mondiale: è qualcosa che pochi atleti possono raccontare. All’inizio della mia carriera è stato sicuramente un peso in più da portare sulle spalle. Essere il figlio del maestro di Cardamone e Tommasone produceva un bel carico di aspettative su di me, ma poi, col tempo, ho imparato a vivere questa condizione con molta più tranquillità, cercando di godermi la mia carriera per i risultati che riesco a raggiungere.
Molti giovani pugili si ispirano ai campioni del passato, c’è un particolare pugile o un combattimento che ti ha influenzato maggiormente nella tua crescita tecnica e mentale?
Uno dei pugili che più mi ha influenzato nel tempo è stato sicuramente Marvin Hagler, uno dei pugili più iconici degli anni ’70 e ’80. Non era il pugile più potente della sua epoca, non era il più veloce e nemmeno il più tecnico, ma grazie alla sua attitudine al sacrificio, alla sua voglia di vincere e, soprattutto, a una testa dura senza eguali, è riuscito a diventare campione del mondo e a conservare il titolo per 7 anni consecutivi. Vedere i suoi incontri e conoscere la sua storia mi ha ispirato per anni e mi ha convinto che il duro lavoro e la caparbietà possono superare qualsiasi limite.
L’alimentazione è spesso una parte cruciale della preparazione di un pugile, cosa mangi nei giorni precedenti a un incontro?
L’alimentazione è una delle note dolenti della vita di un pugile. Si passa quasi la totalità dell’anno sportivo a dieta. Spesso sono stato seguito da un nutrizionista proprio perché è veramente dura restare in peso per quasi la totalità dell’anno. Anzi, soprattutto in prossimità dei campionati nazionali, in cui bisogna rispettare i limiti di categoria al grammo, si passano le giornate a lottare con la bilancia più che in palestra. Diciamo che non c’è un alimento in particolare che si preferisce con l’avvicinarsi di un match. Serve sempre una dieta varia, ovviamente scegliendo cibi poveri di zuccheri e grassi. Nei giorni precedenti all’incontro si preferisce qualche cibo con un apporto energetico maggiore, in modo tale da arrivare al giorno del match abbastanza carichi e non troppo debilitati dalla dieta.
Quali sono i tuoi obiettivi a breve e lungo termine nel pugilato?
I miei obiettivi nel breve termine sono sicuramente continuare a divertirmi, cercando di competere ai migliori livelli possibili e dando tutto per questo sport. Purtroppo ho affrontato uno stop lungo 8 anni per motivi lavorativi e non è stato facile ritornare a certi livelli. Fortunatamente, dove lavoravo a Roma, ho trovato una palestra nelle vicinanze, la “Colonna Boxe” del maestro Massimiliano Marchi, che ha saputo far ritornare in me quella passione e quella fame che servono per praticare questo sport. Dopo l’ultimo anno siamo tornati a competere su un buon livello. Spero di riuscire a prendermi altre soddisfazioni in questi ultimi anni di carriera, magari con qualche buon piazzamento ai prossimi campionati nazionali. Per il futuro, invece, voglio sicuramente aiutare la crescita di tutti i giovani che frequentano la ‘Contrada Boxe’. Ci sono mio fratello Simone Picariello, Mattia Testa che, nonostante la loro giovane età, hanno raggiunto ottimi risultati e si sono già affermati tra i migliori atleti nel panorama nazionale, e tanti altri ragazzi che frequentano la mia palestra. Cercherò di infondere in loro la passione e la determinazione che chi mi ha preceduto ha saputo trasmettere a me, e soprattutto di aiutare mio padre nelle infinite serate passate in palestra.
Grazie
di Giuseppe Di Giacomo