
Il 36° Congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), tenutosi a Palermo, si è chiuso con un messaggio chiaro ed unanime dal corpo magistratuale: un netto rifiuto alla proposta di separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. La mozione, presentata e letta dal Segretario Generale dell’ANM, Salvatore Casciaro, mette in discussione la compatibilità di tale riforma con il principio di imparzialità che dovrebbe governare l’operato della magistratura.
Già dall’inizio dei lavori, il tono del congresso è stato definito da un deciso appello alla salvaguardia dell’unità della figura del magistrato, considerata fondamentale per assicurare l’indipendenza della giustizia dal potere politico. “Separare le carriere non solo non potenzia la terzietà del giudice, ma rischia di soggiogare la magistratura requirente alla sfera politica, compromettendo la divisione dei poteri statale”, ha sottolineato Casciaro nel suo discorso.
Giuseppe Santalucia, presidente dell’ANM, ha intensificato la critica rivolgendo la sua attenzione alle interazioni tra la giurisprudenza e le dinamiche politiche, evidenziando come tale riforma potrebbe portare alla degradazione dell’organo di autogoverno dei magistrati, il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM). Un indebolimento delle competenze del CSM, secondo Santalucia, pregiudicherebbe irrimediabilmente l’autonomia del sistema giudiziario italiano, con gravi riflessi sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Durante il congresso, è stata espressa anche una netta opposizione al ridisegno costituzionale correlato alle riforme giudiziarie. “La nostra Costituzione ha già delineato un equilibrio ottimale tra i poteri statali, e ogni modifica rischierebbe di squilibrare tale sistema, con ripercussioni dirette sulla qualità della nostra democrazia,” ha affermato Santalucia, sottolineando come la proposta di riforma potrebbe rappresentare un passo indietro nella tutela dei diritti e delle libertà fondamentali.
Il dibattito non è stato confinato alle mura congressuali, ma ha trovato eco anche in altre arene politiche. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha intervenuto sulla questione, confermando la posizione contraria del suo partito alla separazione delle carriere. Durante un suo discorso, ha messo in guardia contro le possibili derive autoritarie del progetto riformatore, paragonando le sue implicazioni a quelle della loggia massonica P2, nota per il suo oscuro influenzare la politica italiana degli anni ’70 e ’80.
La seduta congressuale ha quindi confermato che l’ANM rimane fermamente ancorata alla visione di una magistratura unificata, facendo leva su una critica costruttiva e basata su un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze delle riforme proposte. Con la chiusura del congresso di Palermo, resta evidente che la strada verso una riforma del sistema giudiziario sarà costellata da intensi dibattiti e da una forte resistenza da parte di chi vede in queste modifiche un pericolo per l’indipendenza della giustizia.