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Giordano Sangiorgi, patron del MEI, quest’anno alla trentesima edizione dal 4 al 6 ottobre a Faenza.

In ATTUALITA', IN EVIDENZA, INSERTI CULTURA
Ottobre 02, 2024
Tra gli ospiti Capossela, Diodato e Giusy Ferreri.

Giordano Sangiorgi, personalità di spicco nel mondo della nuova musica italiana. Promoter musicale e culturale, ideatore e organizzatore del MEI, il Meeting delle Etichette Indipendenti, la più nota manifestazione delle produzioni indies in Italia. Abbiamo avuto modo di poter scambiare alcune battute dopo la conferenza stampa per la presentazione del MEI 2024 che si terrà nella meravigliosa città di Faenza dal 4 al 6 ottobre, quale monito di rinascita del dopo alluvione che ha colpito questo territorio. All’accorato appello rivolto unitamente all’assessore della regione Emilia Romagna, Mauro Felicori, hanno annunciato la loro partecipazione gli artisti Bloom, Roy Paci & Aretuska, Errico Brizzi & Band, Filippo Graziani, Carlo Marrale, Beatrice Antolini, Santa Balera, Bandabardo&Cisco, Graziano Romani, Fratelli & Margherita insieme a Stefano Senardi. nonchè Vinicio Capossela.

L’evento di quest’anno si svolge nella meravigliosa città di Faenza in un periodo di rinascita post-alluvione. Quali sono le principali novità del MEI 2024 rispetto alle edizioni precedenti?

Certamente una delle grandi novità di quest’anno è quella dell’aumentato interesse verso il MEI, che quest’anno raggiunge la trentesima edizione. C’è una grande partecipazione e adesione da parte della generazione Z della musica con oltre 600 richieste di partecipazione da parte degli under 25 al contest MEI Superstage e altrettante da parte di etichette per far partecipare i loro giovani artisti emergenti che hanno vinto festival e contest provenienti da tutta Italia. Quindi una partecipazione massiccia che conferma il fatto che il MEI è un punto di riferimento saldo per coloro che hanno mosso i primi passi nella nuova scena musicale indipendente di trent’anni fa. Avremo ospiti artisti come Diodato, Roy Paci, Vinicio Capossela e Bandabardo&Cisco e per confermare questo legame ma avremo tanti nuovi nomi della nuova scena emergente italiana che diventeranno sicuramente noti come è capitato coi Maneskin e Ghali che hanno fatto qui da noi al MEI uno dei primissimi concerti d’esordio.

Molti artisti italiani che oggi sono affermati hanno mosso i primi passi proprio al MEI. C’è qualche giovane talento che quest’anno credi abbia il potenziale per emergere?

I talenti che possono emergere sono moltissimi. Credo che ci siano due nuove scene che dobbiamo tenere d’occhio e che sono in questo momento fortemente penalizzati dal circuito del mainstream commerciale, quello delle rock band e ce ne sono di veramente brave che si potranno ascoltare al MEI, ma soprattutto anche molte cantautrici che fanno pezzi di impegno importanti e interessanti che portano un’innovazione nel settore del cantautorato. Proprio su questo va segnalato che recentemente X Factor ha dato ampio spazio a delle cantautrici che hanno esordito proprio al MEI come Giulia Mei, Claudia Sacco e MonnaElisa.

Con l’aumento dell’importanza delle piattaforme di streaming e dei social media, come vedi l’equilibrio tra il digitale e gli eventi dal vivo per i musicisti indipendenti?

Un progetto speciale sul quale abbiamo creduto molto è stato quello della Nuova Orchestra della generazione Zeta del Liscio e quella di Santa Balera. Abbiamo scommesso su una generazione under 18, capace di riportare i suoni originali dei giganti del liscio, valorizzando le musiche territoriali, in questo caso il liscio della Romagna, e portarli a Sanremo a fare un tour di circa cinquanta date di grande successo. Crediamo che questo sia stata una scommessa veramente significativa e importante che ha sfidato la controtendenza delle major del mainstream commerciale che propongono canzoni a consumo usa e getta da due minuti. Abbiamo canzoni storiche che sono degli evergreen internazionali e che vengono risuonati, ricantati senza basi in maniera magistrale, da giovanissimi che studiano gli strumenti con sacrificio, passione e competenza. Abbiamo quello che sarebbe stato, negli anni Settanta, un progetto punk; cioè, alternativo al mainstream commerciale che vuole sempre di più artisti che non conoscono la musica, ma hanno solo followers e sono capaci di fare engagement sui social

Il MEI non è solo musica, ma anche innovazione culturale e tecnologica, i vostri eventi hanno una gestione sartoriale degli artisti, dove la musica e le personalità emergono rispetto agli effetti speciali. Quali partnership o collaborazioni particolari avete stabilito per l’edizione 2024?

Un partner importante è stata la Regione Emilia-Romagna che ha investito, insieme a noi che lo abbiamo proposto, nell’evento Santa Balera, creando una forte squadra nel rinnovamento del liscio, che arriva così alla quarta generazione.

Che ruolo giocano gli eventi come il MEI nel sostenere la scena musicale emergente in Italia, specialmente in un’epoca in cui le major dominano ancora gran parte del mercato?

Oggi il MEI viene visto, paradossalmente più di trent’anni fa, come un’oasi felice dove si può esprimere la libertà creativa. Tenendo conto che gli spazi di libertà creativa musicale, con la scomparsa del supporto fisico dei negozi di dischi, con la crisi post covid si sono molto ridotti. E quindi il MEI viene visto sempre più come un faro, un punto di riferimento e un’oasi felice nel quale si può esprimere la massima libertà creativa musicale. Ossigeno puro di cui c’è un grande bisogno.

Negli ultimi anni, la scena indipendente italiana ha sperimentato un crescente riconoscimento a livello internazionale. Credi che il MEI possa essere una piattaforma per favorire ancora di più l’esportazione della musica italiana all’estero?

Credo che sull’esportazione della musica italiana all’estero purtroppo ci sono dei problemi di sistema complessivi che impediscono di fatto, dopo i grandi successi degli anni sessanta, come Volare di Modugno o come altri che comunque sono succeduti di avere comunque una scena intera che riesce ad esportare, anche se vi sono tanti casi singoli di successo, ai quali aggiungo oltre agli artisti pop e rock, che hanno avuto magari alcune aree in cui hanno incontrato il loro successo, anche l’elemento del folk che è straordinariamente conosciuto nel mondo. Cito fra tutte Romagna mia che è una delle dieci canzoni più note italiane nel mondo. Il MEI al momento non ha piattaforme per l’internazionalizzazione perché crede che questa possa essere fatta non da singoli che ne hanno voglia che però, per carità, se lo volessero fare tanto di cappello, ma che rischiano di cozzare contro un sistema internazionale che è enorme, quindi difficile da conquistare, ma crede che si possa fare solo una politica di sistema cioè dove il ministero che si occupa dell’agenzia del commercio estero insieme al Ministero della Cultura e agli altri ministeri coinvolti, insieme alle regioni, e insieme ai protagonisti della scena che possono avere delle chance reali di poter essere esportati all’estero, in una politica di sistema facciano fiere e festival all’estero dove viene promosso il Made in Italy ovviamente targettizzandolo rispetto alle fiere e ai pubblici in cui si va. Credo che da questo punto di vista, ad esempio, uno stand itinerante che porta le migliori musiche regionali del nostro paese potrebbe avere un grande successo, così come, dall’altra parte, un festival itinerante che porti la migliore canzone pop italiana capace di piacere soprattutto ai paesi latino-americani o ai paesi dell’est Europa.

Infine, quale messaggio vorresti lasciare agli artisti e al pubblico che parteciperanno a questa edizione del MEI?

Resistere, resistere, resistere! Oggi fare musica innovativa, di ricerca e di sperimentazione, fare elementi di innovazione è veramente un’attività coraggiosa perché ci sono molte meno risorse di un tempo e soprattutto perché bisogna combattere contro le piattaforme streaming del digitale musicale che lavorano ad emarginare sempre di più tutte le diversità della musica. Quindi al di là delle canzoni a consumo usa e getta di un paio di minuti tutte uguali che si assomigliano tutte, rischiano di restare fuori tutte quelle realtà che si avvicinano al mondo delle rock band perché ovviamente le rock band sono tante e costano troppo. Bisogna resistere e trovare un’alternativa indipendente e questo si può fare solo attraverso un forte intervento da Piano Marshall degli enti pubblici, dal Ministero della Cultura alle regioni fino ai più piccoli comuni con l’intervento dell’Unione Europea, che limiti l’abuso di potere che molte di queste piattaforme hanno sull’orientamento delle scelte musicali.

Grazie

di Giuseppe Di Giacomo