Michele Emiliano si presenta all’auditorio della Commissione parlamentare Antimafia, durante una seduta che ha visto la presidenza di Chiara Colosimo, per discutere di questioni di gravissima rilevanza riguardanti l’interferenza della criminalità organizzata nel cuore del Sud Italia, segnatamente in Puglia. Emiliano, attuale presidente della Regione Puglia, è al centro di un esame dettagliato che trae spunto tanto dalle indagini su presunte infiltrazioni mafiose a livello locale, quanto da controversie legate ad affermazioni recentemente fatte pubbliche.
Il suo cammino politico ed istituzionale sembra essere, da sempre, indissolubilmente legato alla lotta contro la mafia. Questo legame, lo ricorda lui stesso durante la seduta, affonda le sue radici nel periodo in cui agiva in qualità di magistrato. Fu proprio lui a vedere condannato all’ergastolo Antonio Capriati, capo autorevole di uno dei più risoluti sistemi criminali del territorio, ritenuto responsabile dell’assassinio di Vincenzo Tesse. È questo passato giudiziario che lo spinge a cercare una carriera politica con la specifica intenzione di convertire quella che era un’azione penale in una più inclusiva e partecipativa “antimafia sociale”.
Nel 2007, con l’assunzione della carica di sindaco di Bari, Emiliano fonda un organismo dedicato esclusivamente alla lotta non violenta alla mafia. Le sue politiche come sindaco includono la costituzione obbligatoria del comune come parte civile in tutti i procedimenti giudiziari contro la mafia. L’esemplificazione tangibile dei successi di questa amministrazione è l’assegnazione di 140 immobili, un tempo in possesso di noti membri della criminalità organizzata, a servizi comunitari. Uno di questi, una volta di proprietà della famiglia Capriati, è ora sede di una vigorosa associazione nella pittoresca cornice di piazza San Pietro in Bari Vecchia.
Queste iniziative non sono state prive di controversie e di difficoltà. Un episodio spicca in particolare: Emiliano e l’allora assessore Antonio Decaro furono minacciati da membri del clan Capriati, un dettaglio che ha recentemente sollevato polemiche a fronte di una sua dichiarazione riguardante un incontro con la sorella del boss mafioso. Pur essendo questi incontri materia di scrutini parlamentari, il contesto storico e l’interpretazione delle azioni di Emiliano nel quadro della lotta alla mafia richiedono un’analisi attenta ed equilibrata.
La strategia di Emiliano all’epoca da sindaco e le sue implicazioni meritano una considerazione profonda non solo per i risultati tangibili, ma anche per il messaggio che inviano. Utilizzare le risorse confiscate alla mafia per fini socialmente costruttivi è un gesto simbolico potente, che ribalta il ciclo di violenza e distruzione associato alle organizzazioni criminali. Emiliano emerge come figura centrale in questo processo di trasformazione, un processo che ha cercato di radicare la legalità nelle fondamenta stesse di quelle comunità un tempo sotto l’ombra oppressiva della mafia.
Nell’odierno panorama socio-politico, colloqui come quello di Michele Emiliano con la Commissione Antimafia rivestono un’importanza cruciale. Offrono spunti di riflessione sull’evoluzione delle strategie anti-mafia, e sul ruolo che le istanze politiche possono svolgere nell’orchestrare un cambiamento significativo e duraturo. La carriera di Emiliano esemplifica come il potere e la responsabilità politica possano essere utilizzati per combattere una delle piaghe più persistenti del nostro tempo, con il fine di restituire alla comunità svantaggiata gioielli di libertà, legalità e progresso.