
In un’epoca di grandi cambiamenti normativi e trasformazioni urbane, il ruolo della pianificazione territoriale acquista centralità nelle politiche di sviluppo sostenibile e rigenerazione del costruito. Ne parliamo con l’architetto Antonio Verderosa, figura di spicco nel panorama tecnico-amministrativo campano, esperto di procedure edilizie, consulente per enti pubblici e organismi giurisdizionali, docente e autore di numerosi strumenti urbanistici comunali. Da anni impegnato nello studio degli aspetti procedurali e vincolistici dell’edilizia, Verderosa è oggi tra i principali interpreti della nuova stagione urbanistica in Campania, segnata dalla L.R. 16/2004 e dalle recenti innovazioni in materia di rigenerazione urbana. In questa intervista, ci guida alla comprensione del delicato rapporto tra pianificazione strutturale e programmazione attuativa, soffermandosi in particolare sul ruolo degli Atti di Programmazione degli Interventi (A.P.I.), sulla loro efficacia temporale e sulla necessità di integrazione con gli strumenti di bilancio e con i programmi triennali delle opere pubbliche. Con chiarezza e rigore, l’architetto affronta anche i nodi critici legati ai diritti proprietari, alle modalità di aggiornamento degli A.P.I. e al potenziale strategico del permesso di costruire convenzionato quale leva per sbloccare l’attuazione delle trasformazioni urbane. Un confronto prezioso per amministratori, tecnici e cittadini interessati a comprendere come si costruisce – e si rigenera – il territorio.
Architetto, qual è il ruolo degli Atti di Programmazione degli Interventi (A.P.I.) all’interno del quadro delineato dalla L.R. 16/2004, in cosa si distinguono dal Piano Urbanistico Comunale (P.U.C.)?
La legge regionale 16/2004 “Norme sul Governo del Territorio” sancisce all’art. 3 che la pianificazione comunale si attua mediante disposizioni strutturali che costituiscono il Piano Urbanistico Comunale (P.U.C.), con validità a tempo indeterminato, tese a individuare le linee fondamentali della trasformazione a lungo termine del territorio, e mediante disposizioni programmatiche, Atti di Programmazione degli Interventi (A.P.I.), tese a definire gli interventi di trasformazione fisica e funzionale del territorio in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e pluriennali delle amministrazioni interessate . Il Piano strutturale è lo strumento che definisce le strategie di massima per il governo del territorio, indica gli indirizzi di sviluppo e localizza le infrastrutture di interesse prevalente. Il Piano Operativo è il documento che determina le regole, coerenti con le direttive e le prescrizioni del Piano Strutturale, che dovranno essere rispettate per gli interventi di trasformazione urbanistica sul territorio. Gli A.P.I. in relazione agli interventi di riqualificazione e di nuova edificazione definiscono il Piano Operativo, prevedono: a) le destinazioni d’uso e gli indici edilizi; b) le forme di esecuzione e le modalità degli interventi di trasformazione e conservazione dell’assetto urbanistico; c) la determinazione delle opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione territoriale e paesaggistica; d) la quantificazione degli oneri finanziari a carico del comune e di altri soggetti pubblici per la realizzazione delle opere previste, indicandone le fonti di finanziamento. Gli A.P.I. sono dunque lo strumento finalizzato a pianificare l’attuazione delle previsioni e delle scelte compiute e convalidate nel Piano Urbanistico Comunale nell’arco temporale di tre anni, di fatto integrando e rendendo operativo il P.U.C.. Gli A.P.I. rappresentano quindi un passaggio significativo per i territori in riferimento al governo dei processi in corso e comunque prevedibili nel medio periodo. La redazione degli A.P.I. rappresenta quindi un’opportunità per individuare, tra gli interventi programmati, un insieme integrato di progetti (pubblici e privati), condivisi e coerenti cui dare priorità di realizzazione e sui quali far convergere le risorse, le competenze e l’impegno alla loro realizzazione di una pluralità di soggetti nel generale interesse della collettività. Ad ogni modo, va evidenziato che la norma di cui al comma 1 dell’art. 25 della legge regionale n. 16 del 2004 ha carattere ordinatorio e cogente, poiché essa impone ai Comuni una chiara indicazione di carattere temporale (tre anni non rinnovabili tacitamente), in chiave organizzativa, circa la durata della programmazione degli interventi di tutela, valorizzazione, trasformazione e riqualificazione del territorio comunale.
Qual è la relazione tra gli A.P.I. e il programma triennale delle opere pubbliche previsto dal Codice degli Appalti, esiste una piena integrazione tra gli strumenti?
L’attività di programmazione nell’ambito della pubblica amministrazione ha sempre più assunto un valore strategico anche ai fini del contenimento della spesa pubblica legata sia alla realizzazione delle opere pubbliche che alle procedure di acquisizione di beni e servizi. E’, pertanto, sempre più prioritario programmare e pianificare la spesa pubblica (che va ridotta con la partecipazione dei privati) anche in un’ottica di aggregazione della domanda. Il programma triennale consiste nella sintesi degli obiettivi e delle esigenze dell’amministrazione; esso è redatto sulla base di studi di fattibilità ed analisi dei bisogni dell’ente ed in particolare individua le opere pubbliche da realizzare, specificando le caratteristiche delle stesse Tra le opere pubbliche e di interesse pubblico vi sono anche tutte le opere di infrastrutturazione delle aree di trasformazione non urbanizzate o poco urbanizzate. La programmazione degli appalti pubblici, secondo il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, deve rispettare una serie di requisiti fondamentali, volti a garantire che la programmazione sia coerente con le strategie e le risorse dell’ente pubblico ed in particolare con le previsioni del Piano Urbanistico Comunale. In primo luogo, i programmi triennali devono essere adottati nel rispetto dei documenti programmatori dell’ente e sono fondamentali per garantire che la programmazione degli appalti sia allineata con le strategie di sviluppo urbanistico e le risorse dell’ente. Inoltre, i programmi triennali devono essere coerenti con il bilancio dell’ente. Il piano triennale deve definire unitamente al Piano Strutturale anche le dotazioni territoriali della pianificazione urbanistica. Al fine di garantire la sostenibilità urbanistica, devono essere individuate le dotazioni territoriali urbanistiche, pubbliche e di interesse pubblico, in termini di aree e singole attrezzature. Le dotazioni territoriali urbanistiche sono i servizi ecosistemici, le infrastrutture verdi, le attrezzature per lo sport e per l’istruzione, i parcheggi, i servizi rispondenti a funzioni collettive e di interesse comune, tra cui studentati, residenze assistenziali per anziani e sanitarie, spazi sociali e culturali. Gli atti di programmazione: hanno efficacia temporale limitata: tre anni; producono gli effetti del piano pluriennale di attuazione di cui alla L. n. 10/1977; si coordinano con il bilancio comunale. Sul punto, una precisazione: la previsione di un’efficacia temporale limitata (tre anni) è finalizzata proprio a contenere, entro un arco temporale definito, le limitazioni derivanti dall’inserimento delle aree di proprietà privata nell’ambito degli A.P.I. e, dunque, dai vincoli derivanti sul diritto di proprietà. La prerogativa degli A.P.I. è quella di definire compiutamente i diritti edificatori e le relative regole di trasformazione proprie del piano programmatico o operativo che definisce “gli interventi di trasformazione fisica e funzionale del territorio in archi temporali limitati”. Per l’effetto, le relative limitazioni o le modalità attuative perdono definitivamente efficacia, decorsi i prescritti tre anni dall’entrata in vigore di detta delibera.
Si può parlare di un conflitto tra la componente programmatica degli A.P.I. e il principio di tutela del diritto di proprietà privata, soprattutto dopo la loro scadenza?
Certamente, nella misura in cui non si dà corso alle previsioni del Piano Strutturale che prevedono la trasformazione delle aree non urbanizzate o poco urbanizzate a mezzo piani attuativi da inserire negli API. Sul punto, una precisazione. La previsione di un’efficacia temporale limitata a tre anni come limite massimo dell’aggiornamento, è finalizzata proprio a contenere, entro un arco temporale definito, le limitazioni derivanti dall’inserimento delle aree di proprietà privata nell’ambito degli A.P.I. e, dunque, dai vincoli derivanti sul diritto di proprietà. Per l’effetto, le relative limitazioni hanno perso definitivamente efficacia, decorsi i prescritti tre anni dall’entrata in vigore di detta delibera. Il dato è pacifico. Sicchè, venuta meno qualsivoglia limitazione riconducibile agli invocati A.P.I., è evidente che la sola ed unica disciplina applicabile è – recte, resta – quella di cui alle NN.TT.A. dei vigenti strumenti urbanistici In altri e più chiari termini, il riferimento agli A.P.I. è erroneo: perché trattasi di atti superati per decorso del termine triennale di efficacia; sicché, si riespandono i poteri connessi al diritto di proprietà e la piena disciplina di zona. Ciò è inequivico e non sono ammesse diverse interpretazioni che si appaleserebbero del tutto inconferenti; perché, a tutto voler concedere, l’eventuale inclusione di un intervento nell’ambito di un A.P.I. non preclude comunque il diritto dei proprietari di realizzare direttamente l’intervento originariamente programmato dall’Ente; anzi, il decorso del termine di efficacia comporta la immediata riespansione dei poteri e delle facoltà inerenti al diritto di proprietà e, dunque, il diritto di realizzare un intervento del tutto conforme alla disciplina urbanistica di zona. Diversamente argomentando, l’espressa previsione di un arco temporale limitato entro il quale gli interventi devono essere non solo programmati ma anche realizzati (si cfr. art. 25 – comma 1 della L.R.C. n. 16/2004) sarebbe tamquam non esset.
In che modo i Comuni possono aggiornare o riattivare gli A.P.I., l’apertura a manifestazioni di interesse è una pratica auspicabile e trasparente?
Gli A.P.I. possono essere variati in qualsiasi momenti in funzione del sopravvenuto fabbisogno, di nuove esigenze di trasformazione del territorio (esistenza di manifestazioni di interesse formalizzate da soggetti economici, contratti di pre-lifting, etc.) e dimensionalmente adeguati rispetto alle stesse, o all’esigenza di delocalizzazione di attività produttive giudicate incompatibili con gli abitati. Conseguentemente l’aggiornamento degli Atti di Programmazione degli Interventi (A.P.I.) del PUC, è obbligatorio e sempre possibile mediante riapertura dei termini per la raccolta di “manifestazione di interesse” finalizzata all’acquisizione di istanze da parte dei privati proprietari delle aree e degli immobili ricadenti negli ambiti di trasformazione del piano strutturale.
Qual è il valore aggiunto, a suo avviso, del Permesso di Costruire convenzionato introdotto dal D.L. “Sblocca Italia”, può diventare uno strumento strategico per accelerare la rigenerazione urbana?
Il permesso di costruire convenzionato è equipollente alla convenzione di lottizzazione ed è un procedimento più snello che consente rapidamente la infrastrutturazione delle aree trasformabili. Infatti, tale istituto, introdotto dal decreto “Sblocca Italia” (D. L. 133/2014), permette di realizzare interventi edilizi in aree già parzialmente urbanizzate attraverso una convenzione tra Comune e privato soggetto attuatore (o lottizzante), definendo obblighi come cessione di aree o realizzazione di opere pubbliche. Si delinea pertanto una lineare modalità attuativa che necessita la sola presentazione della richiesta di P. di C. convenzionato di cui all’art. 28 bis del DPR 380/2001, in quanto a le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata ed a carico del soggetto attuatore. Il permesso di costruire convenzionato, ivi contemplando la possibilità che <gli interventi possono essere attuati anche dai proprietari singoli o riuniti in consorzio all’interno dei sub-ambiti individuati>; dunque, coerentemente con gli intendimenti del legislatore regionale, che tale ipotesi aveva previsto addirittura in deroga agli strumenti urbanistici, tali aree sono divenute trasformabili i a mezzo di titolo diretto convenzionato. La difficoltà della realizzazione delle previsioni degli Api sta nel fatto che i comuni non sono in grado di reperire le necessarie risorse pubbliche per la infrastrutturazione delle aree, senza rendersi conto che le convenzioni attuative per la realizzazione delle urbanizzazioni demandano al soggetto attuatore la realizzazione delle opere, sempreché gli API siano validi ed efficaci
Ritiene che vi sia sufficiente consapevolezza da parte delle amministrazioni locali sull’efficacia temporale e giuridica degli A.P.I.?
Non vi è piena consapevolezza, anzi molta confusione. Nessuno ha capito che si tratta di una parte sostanziale del Piano Urbanistico Comunale ed in molti casi (anche ai progettisti degli stessi) spesso sconosciuta ed inapplicata, basti vedere quale programmazione viene prodotta ed allegata all’atto dell’approvazione degli A.P.I. da parte del consiglio comunale. Basta anche verificare (ed il dato è sconfortante) quanti comuni reiterano i vincoli decaduti ed aggiornano gli A.P.I. e soprattutto come li hanno aggiornati o li aggiornano. Purtroppo, non avendo nella stragrande maggioranza dei casi provveduto ad aggiornare, alle scadenze triennali, gli API gli stessi hanno perso di efficacia e valgono le sole norme di Piano. Difficoltà del tutto recepita nella novellata L.R.16/2004 così come di recente integrata dalla legge regionale n. 5, approvata dal consiglio regionale della Campania il 9 aprile 2024 e denominata “Modifiche alla legge 22 dicembre 2004, n. 16 recante Norme sul Governo del territorio”. Infatti a seguito della entrata in vigore L.R. 5/2024 è stato completamente abrogato l’art. 25 che definiva e normava appunto gli Atti di programmazione degli Interventi demandando alle sole previsioni del Piano Strutturale. Dunque ad oggi non devono essere più elaborati gli API ma va redatto il Piano Operativo. Un’ultima modifica sostanziale operata dalla legge regionale di modifica dell’aprile 2024 riguarda i sistemi di attuazione della pianificazione urbana che trovano ora organica disciplina nel capo V del testo di legge che ricomprende gli articoli dal 32 al 33 quinquies. L’articolo 32, nello specifico, inserisce nei sistemi di pianificazione urbanistica il Piano Strutturale Urbanistico come nuovo strumento attuativo; esso viene affiancato dal Programma Operativo (PO) con cui si stabiliscono i criteri per la definizione delle parti di territorio soggetti a trasformazione e che dipende direttamente dal PSU. L’articolo 33, al comma 2, identifica le modalità di selezione degli ambiti nei quali realizzare interventi di nuova urbanizzazione, trasformazione, sostituzione, rigenerazione o di riqualificazione urbana e territoriale. In questi casi, il comune può attivare un concorso pubblico per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard stabiliti nel PSU e nel PO. Gli articoli dal 33 bis al 33 quinquies sanciscono i criteri secondo i quali possono svilupparsi specifici programmi. Segnatamente, se il primo tratta il programma operativo per i piani straordinari o strategici, il 33 ter si occupa del programma operativo urbanistico comunale e intercomunale, il 33 quater tratta gli interventi per la rigenerazione urbana e, infine, l’ultimo articolo tratta il programma integrato di valorizzazione per lo sviluppo del territorio. Questa distinzione in programmi separati presenta il pregio di far risultare molto più chiare le procedure legate ad ognuno di essi, aiutando quindi a renderne più immediata l’attuazione.
Grazie
di Giuseppe Di Giacomo
