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Tre anni senza De Mita, con una riflessione sull’oggi.

In ATTUALITA', OPINIONE
Maggio 26, 2025
La riflessione di Gianfranco Rotondi a tre anni dalla morte di Ciriaco De Mita.

Sono tre anni che Ciriaco De Mita non c’è più. Ho passato una vita a combattere le sue idee, la parte restante a rimpiangerle: ma faceva parte dei patti, e lui lo diceva , ‘parlerò anche da morto, e mi rimpiangerete quando non potrete più  rispondermi’. E’andata esattamente così. Ma a debita distanza dalla emozione della morte, poniamoci una domanda: chi era esattamente De Mita? Storicamente era il figlio del segretario dc di Nusco, un sarto fedelissimo di Fiorentino Sullo, padre padrone della Dc irpina, che presentò le referenze necessarie per ammettere il giovane Ciriaco all’Università Cattolica, da cui tutto partì. Il resto é storia della Dc: il giovane Ciriaco entrò in simbiosi con altri coetanei di buone speranze ( due per tutti: Gerardo Bianco e Riccardo Misasi). La pattuglia della Cattolica fu notata dal patron dell’Eni, il leggendario Enrico Mattei, leader storico della sinistra dc,  risantificato dal primo governo di destra della storia repubblicana. Mattei assunse De Mita all’Eni, e gli chiese di organizzare la sua corrente nella Dc: nacque la ‘Base’, a cui De Mita fornì anche l’unico parlamentare aderente, sempre Sullo, l’antico leader del sarto di Nusco. E qui si apre la storica disputa tra me e De Mita: chi fu il maestro, Sullo o De Mita? Io ho sempre aderito alla tesi per cui Sullo promosse la carriera di De Mita, e ne fu tradito; ma la storia dice pure che l’ascesa di Sullo fu favorita dalle intuizioni di De Mita, nel rapporto paritario che spesso nasce tra discepolo e maestro, quando il primo è meritevole, e il secondo generoso. Certo è che De Mita scalò rapidamente tutte le vette delle classiche carriere democristiane: ministro, segretario del partito, presidente del consiglio. Poi tutto finì, letteralmente tutto: la Dc, la prima repubblica, per alcuni la politica stessa.  Cosa resta, oggi,  di De Mita? Forse due frasi, due solamente, che ripeteva ossessivamente nei discorsi  degli ultimi anni, appoggiato alla spalla di improbabili sostenitori occasionali: ‘la politica é pensiero’, e poi ‘il popolarismo é la sola idea uscita vincente dal novecento’.    Sono due pensieri che corrispondono a una visione: il rifiuto della politica priva  di pensiero, fatta di occasionali transazioni, provvisorie convenienze, accattivanti suggestioni; e l’orgoglio di una appartenenza forse desueta, ma terribilmente vincente alla fine del secolo breve, tutta racchiusa nell’attualissimo appello di Luigi Sturzo ai ‘liberi e forti’.   Ma a tre anni dalla morte, ho ancora voglia di litigare con De Mita, e dunque dirò una cosa che lui bacchetterebbe , o forse no: la casa del popolarismo oggi è a destra e non a sinistra. A Ciriaco questa affermazione dava l’orticaria: lui amava dire ‘sono la Dc’,  ed era vero, terribilmente vero, nessun leader ha incarnato la Dc in modo così totale, e per lui la Dc era alternativa a destra e sinistra. Ma ciò era possibile perché la Dc assorbiva, in funzione anticomunista, il voto conservatore e moderato del Paese, tutto intero, laici e cattolici, conservatori e riformisti, comunque anticomunisti. Non era esatto, dunque, definire la Dc come equidistante tra destra e sinistra: la Dc la sinistra la combatteva, la destra la inglobava. Il grande Sullo, maestro di De Mita, cosi mi raccontava le discussioni nel Cnl campano, dominato da Silvio Gava, antifascista fiero, sfollato in Campania dal Veneto: ‘Gava voleva escludere i fascisti dalla Dc, io gli spiegai che non potevamo consegnarli tutti ai comunisti, fu messa ai voti la mia proposta di ammettere nella Dc tutti i podestà’. Vinse Sullo, ça va sans dire .    Oggi la sinistra italiana é guidata da una donna volitiva e intelligente come Elly Schlein, che sicuramente piacerebbe a De Mita, come tutte le persone dotate di un pensiero : ma il pensiero di Elly é la Weltanschaung di una sinistra che ha sostituto il marxismo col radicalismo, i diritti dei lavoratori con la mistica dei diritti civili. E’una scelta rispettabile, ma lontanissima dal popolarismo e dalle ragioni per cui De Mita interrogava il PCI nella stagione dei patti costituzionali. Va detto che già allora De Mita così rispondeva al comunista Chiaromonte , che gli domandava come mai formasse governi con Craxi dopo aver dialogato col PCI: ‘é vero che ho dialogato con voi, ma é anche vero che voi non mi avete mai risposto’.     Oggi è chiaro che non c’è più spazio per una opzione centrista, che sarebbe soppressa da uno scontro elettorale tra destra e sinistra, e giustamente risucchiata dal richiamo al ´voto utile’, che peraltro fu  la Dc ad inventare . Nella scelta tra destra e sinistra, il popolarismo non può abitare a sinistra. Poi si potrà discutere di come organizzare questa cultura,  se in forma autonoma o coordinata con il partito della premier ( ed è noto che io propenda per questa seconda ipotesi).   Ma una cosa è certa: é qui la partita. ˋHic Rodi, hic saltus ´: De Mita forse non sarebbe d’accordo, o forse sì, chissà. Comunque si arrabbierebbe molto, e a me fa piacere pensarlo, perché me lo fa sentire terribilmente vivo.

di Gianfranco Rotondi

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