
Una tragedia ha scosso il carcere di Secondigliano nella mattinata di oggi, dove un agente della polizia penitenziaria di 59 anni si è tolto la vita sparandosi con la pistola d’ordinanza nel parcheggio dell’istituto. L’uomo, che avrebbe dovuto iniziare il turno di servizio alle ore 12, lascia la moglie e due figli. Secondo quanto riportato, l’agente era prossimo alla pensione e godeva della stima dei colleghi e dei superiori. Il gesto, compiuto in un momento in cui nulla sembrava far presagire un simile epilogo, ha lasciato sgomenti tutti coloro che lo conoscevano. “Siamo addolorati per questa tragedia” – hanno dichiarato Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, rispettivamente presidente e segretario regionale dell’USPP (Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria) – “non conosciamo ancora i motivi del gesto. Era molto apprezzato per la sua abnegazione al lavoro e per il senso del dovere. Non riusciamo a spiegarci come un collega che stava per andare in pensione possa aver compiuto un atto simile”. L’episodio riaccende il dibattito sulle condizioni psicologiche in cui versano molti operatori della polizia penitenziaria, spesso sottoposti a turni stressanti, carichi emotivi pesanti e scarsissimo supporto psicologico. Secondo i dati forniti dalle organizzazioni sindacali, i suicidi tra gli agenti penitenziari rappresentano purtroppo un fenomeno ricorrente, che richiede attenzione immediata da parte delle istituzioni. La procura ha aperto un’inchiesta per chiarire l’esatta dinamica dei fatti, anche se l’ipotesi prevalente resta quella del gesto volontario. Nel frattempo, l’amministrazione penitenziaria e l’intero corpo della polizia sono in lutto. Un minuto di silenzio è stato osservato in molte carceri italiane, in segno di rispetto per il collega scomparso. “Oggi non possiamo limitarci al cordoglio – conclude l’USPP – serve un intervento concreto per tutelare la salute mentale degli agenti, con strumenti adeguati, presidi psicologici e un’attenzione vera alle persone dietro la divisa.”
di Marco Iandolo
