
Recentemente, il dibattito politico italiano si è acceso attorno all’investimento del governo nell’implementazione di un Centro di Permanenza per i Rimpatri (Cpr) a Gjader, in Albania. Un progetto che, secondo Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico (PD), rappresenterebbe un grave spreco di risorse finanziarie.
In una visita a sorpresa al centro, Schlein ha esposto le sue preoccupazioni attraverso un video diffuso sui social media, nel quale ha evidenziato la desolazione di un’infrastruttura costata 800 milioni di euro e destinata a rimanere inutilizzata. “Il centro è vuoto,” ha affermato Schlein, “e questo non solo rappresenta uno spreco fenomenale di denaro, ma solleva seri problemi relativi al rispetto dei diritti fondamentali e al rispetto delle normative italiane ed europee.”
I lavori di allestimento proseguono nonostante la mancanza di detenuti e l’attesa di un verdetto da parte della Corte di giustizia europea sul rispetto delle normative in termini di diritti umani. Questo sviluppo continua a suscitare preoccupazioni, soprattutto considerando le recenti critiche mosse dal Consiglio d’Europa riguardo al trattamento dei migranti nei Cpr italiani. Il Consiglio ha denunciato pratiche inaccettabili come l’uso non prescritto di psicofarmaci.
Dal punto di vista economico, Elly Schlein ha sottolineato come i fondi impiegati nel centro di Gjader avrebbero potuto essere invece destinati a finanziare servizi essenziali in Italia, come l’istruzione o la sanità: “Fa male pensare che con quei soldi si sarebbero potuti finanziare 50mila posti in asili nido, o stipendiare 7mila insegnanti o 6mila infermieri per cinque anni.”
Il governo risponde a queste accuse attraverso le dichiarazioni di Alfredo Mantovano, sottosegretario, il quale sostiene che il progetto dei centri in Albania è da considerare ancora in fase di realizzazione e che la sua finalizzazione rispecchierà quanto inizialmente previsto. Inoltre, manifesta l’intenzione di trasformare queste strutture in carceri per alloggiare i cittadini albanesi attualmente detenuti in Italia, un’idea proposta anche da Matteo Renzi.
Questo scenario solleva questioni alte riguardo l’efficacia e l’etica della gestione delle risorse pubbliche in progetti internazionali, la coerenza con gli obblighi internazionali sui diritti umani e l’impatto di queste scelte sui contribuenti italiani. La situazione del Cpr di Gjader si annuncia come un caso di studio critico nell’ambito della politica internazionale italiana e delle sue ramificazioni socio-economiche. Con il persistere delle tensioni e delle critiche, il dibattito sull’opportunità e la moralità di tali investimenti è destinato a intensificarsi.